Volontariato è un impegno svolto esclusivamente sotto la spinta della nostra volontà: per questo motivo non è prevista alcuna remunerazione contrattuale.

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Ma se a una persona capita un figlio con disabilità, si può ancora chiamare Volontariato la sua attività all’interno di una associazione che si occupa di disabilità? Quanti genitori si sarebbero impegnati tanto se non avessero avuto un figlio disabile? Si tratta nel loro caso di opportunismo?

Noi crediamo che nessuno abbia il diritto di giudicare la molla ultima che spinge una persona verso altre, e d’altronde, come diceva Manzoni, “Le vie del Signore sono infinite“, ma alcuni punti ci pare debbano essere rispettati in una associazione di familiari, e in Aliante sicuramente lo sono:

  1. l’attività di volontariato non deve essere una ricerca di potere o prestigio personale
  2. l’attività di volontariato non deve essere dettata solo dal proprio interesse
  3. l’attività di volontariato non deve essere rivolta solo ai bisogni del proprio figlio
  4. la programmazione va portata avanti anche se non riguarda il proprio figlio.